09/06/2021 - Lo smart working, i pro ed i contro di uno strumento che va oltre la pandemia
Il Decreto Riaperture, pubblicato in Gazzetta Ufficiale recentemente, ha applicato un ulteriore slittamento dello stato di emergenza e con esso ha prorogato anche il termine ultimo per usufruire dello smart working semplificato.
E’ sicuramente indubbio che il lavoro agile sia stato uno strumento fondamentale dapprima per contrastare la diffusione del contagio pandemico, e più recentemente per favorire il ritorno alla normalità anche sui luoghi di lavoro.
A tal proposito risulta senz’altro utile una prima riflessione sui punti di forza e di debolezza che sono emersi durante questo lungo periodo di sperimentazione di lavoro agile emergenziale, in vista della definizione di una normativa che superi lo stato attuale, grazie anche alla regressione della pandemia.
In realtà il lavoro agile è presente nell’ordinamento italiano già dalla Legge n.81/2017, con cui si è voluta disciplinare la possibilità di lavorare senza precisi vincoli di orario o luogo di lavoro grazie anche all’utilizzo di strumenti tecnologici. Ai sensi della citata normativa, in tutti i casi di ricorso al lavoro agile, azienda e dipendente sono tenuti a siglare un apposito accordo individuale in forma scritta che deve necessariamente regolamentare i reciproci rapporti, con particolare riferimento, tra gli altri, all’esercizio del potere direttivo e di controllo, i tempi di riposo del lavoratore ed il suo diritto alla disconnessione dagli strumenti telematici.
A seguito del protrarsi dell’emergenza COVID-19, è stata stabilita la possibilità di applicare ancora la modalità di lavoro agile beneficiando di alcune semplificazioni rispetto al quadro normativa accennato, anche senza la stipula di un accordo specifico tra datore e lavoratore, così prefigurando una diversa figura giuridica di lavoro agile, al momento non pienamente regolamentata.
Sul vero e proprio successo riscontrabile sulla predetta forma di lavoro hanno senz’altro pesato alcuni aspetti legati al momento contingente. Infatti, la preoccupazione del contagio vede il rimanere a domicilio, evitando ogni spostamento, soprattutto per raggiungere il posto di lavoro, come qualcosa di rassicurante. Ma non vanno sottovalutati anche i limiti che il lavoro a distanza comporta, sia da un punto di vista delle relazioni umane, che anche sotto il profilo dell’arricchimento e della crescita del bagaglio esperienziale e di competenze del lavoratore. È evidente che certe mansioni possono essere svolte anche da remoto, ma è altrettanto vero che il condividere ogni esperienza maturata sui luoghi di lavoro fornisce la possibilità di elaborare soluzioni nuove rispetto alle sfide che l'azienda si trova ad affrontare e mantiene significativa la fidelizzazione del lavoratore con quest’ultima.
A tal proposito è indubbio considerare anche che per taluni lavoratori il ricorso al lavoro agile abbia significato il ritagliarsi una riserva di privilegio del tutto ingiustificato, con evidente riverbero sul raggiungimento degli obbiettivi lavorativi di risultato e di qualità.
Nel periodo attuale con la forte decrescita dell’impatto virale della pandemia, tali aspetti assumono una particolare rilevanza al fine di valutare l’estensione del lavoro agile, in un contesto in cui lo sguardo è ormai rivolto al superamento della normativa emergenziale.
Tale riflessione risulta ancora più pregnante ove si consideri che a seguito del susseguirsi delle normative riguardanti le aziende, nonché la predisposizione di protocolli anti contagio applicabili ai sensi della normativa vigente in materia di tutela del lavoro, si può legittimamente affermare che ove il luogo di lavoro sia parificato all'ambiente esterno come probabilità di contagio, l'applicazione dello smart working risulta priva di ragione e pregio sanitario. In definitiva il lavoro agile, per come risulta concepito odiernamente, pur risultando sicuramente un utile strumento a disposizione del mondo del lavoro, necessita di una sua definitiva regolamentazione che ne valorizzi i pregi e ne ridimensioni le criticità ed i limiti, che comunque ha indubbiamente manifestato, in quanto strumentalizzato per il raggiungimento di altri fini che non riguardano strettamente la tutela del lavoratore.
Pantaleo Binetti - Avvocato centro Studi Livatino
(articolo pubblicato sul Quotidiano "La Gazzetta del Mezzogiorno" - edizione del Salento del 9 giugno 2021)
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